La creatività non è un punto di arrivo, ma un divenire.
Divenire è mutamento, movimento, è lo scorrere senza fine della realtà, nel suo perenne nascere, fiorire e morire.
È un percorso dinamico composto di molte partenze, accelerazioni, poi rallentamenti, fermate e ripartenze.
Il tutto ha inizio da un’idea, un’intuizione, che scende dall’alto, da una dimensione spirituale (divenire infatti deriva dal latino devenire che significa venir giù), e che necessità di una maturazione, di una crescita composta di fasi, di passaggi intermedi e di continui interventi.
Pertanto la creatività si fonda sul tentativo e l’errore.
Non si tratta di fare bene la prima volta. La creatività è provarci e sbagliare. Anche l’illuminazione lo è, e le due cose sono collegate. Nell’uomo c’è il desiderio di fare sempre bene tutto, ogni volta, senza sbagliare mai.
In altre parole vuole il successo garantito, sapere che funzionerà. Ma le persone creative, quelle davvero brillanti sono disposte a fare errori. Molti inventori, scienziati e uomini di progresso hanno fatto errori. L’ errore pertanto è parte funzionale e inscindibile del processo creativo.
Crei grazie all’errore e l’errore è parte di ogni creazione.
Purtroppo nessuno ci ha educato a cogliere e valorizzare il lato attivo dell’errore. La nostra tendenza è di dare risalto al suo opposto, il lato passivo, alimentando così rabbia, frustrazione e delusione. Errore è per molti sinonimo di insuccesso, di incapacità, di scarso valore.
Quando non riesce una cosa, infatti, abbiamo l’abitudine a mollare, a lasciar perdere, a buttare ciò che è stato fatto, invece di contemplarlo e trasformarlo in un qualcosa di migliore.
È quello che in realtà ci insegnano i giapponesi con la pratica del Kintsugi. In questa pratica si evidenziano le fratture, le si impreziosiscono così da aggiungere valore all’oggetto rotto.
Kintsugi infatti significa “riparare con l’oro“.
Ma perché i giapponesi riparano con un metallo tanto prezioso un oggetto di ceramica rotto?
La risposta la possiamo trovare nel concetto di resilienza – un aspetto fondamentale nella loro tradizione – in base al quale è importante che ogni persona acquisisca nella vita la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, cogliendone graduatamente un significato più profondo e capace di dare valore alla crescita. Ogni crepa dunque nell’oggetto rappresenta dunque una ferita, una cicatrice che deve essere valorizzata per non dimenticarne la storia e perderne il significato.
Ogni cicatrice simboleggia l’opportunità positiva che la vita offre alla persona: ferita sì, ma guarita e resa più forte.
Lo stesso principio lo possiamo applicare alla creatività.
La creatività è dunque un divenire di eventi – un alternarsi di successi e insuccessi, di alti e bassi – ma tutti collegati tra loro e il cui scopo è portare nell’individuo consapevolezza e valore. E in questo processo la mente ha un ruolo fondamentale.
Perchè se la mente non è collaborativa nel percorso, allora sarà distruttiva. Ricordiamoci infatti che l’idea, il seme di ogni aspetto creativo nasce a un livello intuitivo e quindi nello spazio della non mente, ma poi l’aspetto esecutivo avviene grazie alla mente. È uno strumento importante e dobbiamo esserne consapevoli, perchè la mente può essere la selva oscura nella quale ci perdiamo o, all’opposto il giardino dell’Eden nel quale ci realizziamo.
Pertanto dobbiamo chiederci: “Come possiamo utilizzare al meglio il potere organizzativo e co-creativo della mente?”
Il primo passo è esercitare il discernimento. Discernimento è come quando viene mondato il riso, separando i chicchi buoni da quelli che non lo sono, oppure come fa una bambina che separa le perline bianche, quelle nere, quelle rosse, e mette ordine. Con la stessa pazienza e giocosità dobbiamo imparare a fare ordine nella nostra mente, osservando i pensieri e tenendo quelli che ci danno potere e scartando quelli che sono come i chicchi neri nel riso. In questo modo, lentamente ma inesorabilmente si farà chiarezza e pulizia dentro di noi e si comincerà ad intravedere e poi a toccare con mano qual è la via da percorrere. Ci sono delle fasi fondamentali nel processo creativo che vanno rispettate e alternano momenti di “fare” con momenti di “non fare”.
È importante infatti che tra un momento creativo ed un altro ci siano dei vuoti, dei momenti di pausa, di stacco, per svuotare e liberare la mente da un eccessivo coinvolgimento.
Questi vuoti non sono una perdita di tempo come molti credono, ma sono parte fondamentale del processo creativo.
Questi momenti di vuoto si chiamano meditazione.
La meditazione è la fonte di creatività più grande che ci sia. Sprigiona un’incredibile quantità di energia, perchè le tensioni si riducono, le ansie si allentano; in questo modo, l’energia in precedenza impegnata nella tensione e nell’ansia si sprigiona, diventa disponibile e la nostra creatività migliora.
Il fare trova nuova chiarezza nell’essere e l’essere porta nuova energia nel fare. Amit Goswami – luminare della fisica quantistica – afferma: “Gli studiosi della creatività dicono che per stimolare la creatività basta sedercisi sopra: è l’incubazione, come quella di un volatile che siede sull’uovo senza fare nulla. Questo è piuttosto arduo da credere per una persona moderna dallo stile di vita super attivo. Siamo convinti che l’agire sia più importante dell’essere, ma gli studiosi stanno scoprendo invece che l’essere è altrettanto importante.
L’agire deve essere seguito dall’essere”.
Dobbiamo allora comprendere come e quando diventiamo creativi. In quei momenti lucidi, mentre camminiamo sulla spiaggia o nel bosco, in quei momenti di gioia profonda andiamo davvero nel nostro pre-conscio, e in quello spazio intuitivo non portiamo più l’ombra del nostro passato su ciò che sta accadendo, ma creiamo un’esperienza lucida e meravigliosa di quell’istante presente, soltanto quel momento.
Questo è l’istante chiamato satori in giapponese o samadhi nell’induismo. Sono momenti di consapevolezza cosmica.
Il processo creativo è dunque un processo introspettivo e conoscitivo. L’obiettivo non è solo esterno, ma soprattutto interiore. Più sviluppiamo qualità interiori più la creatività acquisisce qualità elevate, unicità e bellezza. Attraverso il processo creativo comprendiamo che la coscienza è il fondamento dell’esistenza e che essa non è composta solo da una parte grossolana e materiale, ma anche da una parte sottile e spirituale.
La creatività è lo strumento che ci permette di esplorarle entrambe, al di là del nostro condizionamento e dei nostri limiti. Dunque non smettete mai di creare, lasciate spazio alla creatività nella vostra giornata, non diventate troppo meccanici e ripetitivi, perché mentre create, la vita scorre in voi e voi vi godete la vita.
Pertanto quando fate qualcosa, quando create qualcosa, fatelo bene! Dovete considerare le vostre creazioni come delle vere e proprie opere d’arte e non come semplici lavori portati a termine. Quindi cercate la bellezza, la completezza, la ricercatezza, non fatelo limitatamente per via di ciò che vi manca o rallenta, guardate oltre e avanzate come se non ci fossero limiti.
Ricordate che più grandi sarete e più potrete diventarlo e quanto più lo potete diventare, ancora di più potrete esserlo.
Il segreto più profondo è che la vita non costituisce un processo di scoperta, ma un processo di creazione.
Ciò che è in vostro potere è ciò che potete immaginare.
Se riuscite a immaginarlo vuol dire che è possibile.
Se è possibile, lo si può creare. Se lo si può creare può entrare in accordo con la vostra realtà.
Creare dunque può essere magico, solo però se credete nella vostra magia. Non dimenticate però che la vostra magia, il vostro dono creativo, aiuta sempre qualcun altro.
Questo è il modo del creatore, questo è il mondo del creatore!
Jhonny Mariotto
Tratto dal libro: “TU SEI IL CENTRO DI TUTTO”.