Così come il ricercatore d’oro rimescola ripetutamente nel suo setaccio il materiale raccolto dal letto del torrente, così ognuno di noi viene rimescolato, scomposto, destrutturato nel grande setaccio della vita. Non a caso la setacciatura é anche chiamata “vagliatura”, ossia separare gli elementi utili (puri) dalle scorie, dalle tossine, dalle impurità. In questo modo possiamo osservarci in profondità, addentrandoci in nuovi aspetti di noi stessi, conosciuti o sconosciuti, visibili o invisibili, di luce o di ombra. Ciò conduce a una sintesi, al centro, all’essenza del nostro essere. È un processo lento, naturale. A nulla serve la fretta. Lungo il viaggio é bene coltivare l’umiltà e l’accoglienza così da dissolvere le resistenze interiori che possono invece rallentare il processo. Questo rende meno difficile il percorso.
Fluire é lasciarsi andare e lasciarsi andare é saggezza. La saggezza ci centra nella verità del nostro essere eterno, al di là delle forme e delle circostanze. Tutto così acquisisce un nuovo significato.
Dopo una lunga fase di grandi movimenti, durante la quale forti venti invisibili hanno rimescolato ogni cosa, stiamo finalmente raggiungendo un punto di nuovo equilibrio. Le energie qui si stabilizzano. Finalmente si può prendere fiato. In questa fase osserviamo cosa é rimasto di noi nel setaccio. Osserviamo quante impurità abbiamo lasciato andare nel torrente e accogliamo con gioia ciò che é rimasto. La caratteristica principale di ciò che é rimasto é la purezza. Le pepite d’oro sono il frutto di un lungo e lento lavoro su noi stessi, fatto con sincerità e perdono. Accogliamo questi momenti di riequilibrio per apprezzare ogni nostro più piccolo conseguimento. Tutto accade per il nostro bene.
Jhonny